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Responsabilità medica: errata diagnosi di tumore inesistente

14/10/2022 18:34

A. Sciubba

CIVILE,

Responsabilità medica: errata diagnosi di tumore inesistente

La diagnosi di una patologia inesistente, soprattutto se oncologica, dà diritto al risarcimento del danno subito, per il turbamento d’animo che ha ...

La giurisprudenza ritiene che la diagnosi errata di una malattia molto grave possa compromettere sia la salute fisica della persona, sia il suo equilibrio psichico, specie quando venga attribuita al paziente una patologia con prospettive infauste e, di conseguenza, ansiogene.

 

Si configurano, dunque, entrambe le grandi voci che compongono il danno non patrimoniale:

­quello alla salute (biologico), che pregiudica lo svolgimento delle normali attività quotidiane dell’individuo;

quello morale, che comporta una sofferenza interiore.

Per quanto riguarda quest’ultimo tipo di danno, è stato affermato che la diagnosi di una neoplasia maligna segna il vissuto del paziente, nella cui mente rimane una sentenza di morte o, almeno, una pesante riduzione dell’aspettativa di vita.

Chi ha vissuto una simile esperienza, quindi, avrà diritto al risarcimento del pregiudizio subito per il turbamento d’animo che ha caratterizzato il periodo di tempo intercorrente tra la diagnosi sbagliata e quella corretta; nella maggior parte dei casi, oltretutto, l’irrequietezza coinvolge non solo il diretto interessato, ma l’intero suo nucleo familiare.

È certo che, in caso di diagnosi di neoplasia maligna rivelatasi poi inesistente, nella domanda di risarcimento del danno morale si dovrà argomentare con chiarezza la sofferenza interiore patita, articolando prove il più possibile circostanziate.

 

Diverso è il caso in cui alla diagnosi erronea siano seguiti trattamenti sanitari inutili, con ripercussioni anche sulla salute e l’integrità fisica del soggetto.

Infatti, a seguito della diagnosi, il paziente potrebbe essere stato sottoposto ad approfondimenti diagnostici comportanti l'assorbimento di grandi quantità di radiazioni (per es. una TC total body); a terapie radianti volte ad aggredire le cellule tumorali; a intervento chirurgico, talvolta perfino demolitivo (si sono verificati casi di immotivata asportazione dell’utero, della tiroide, ecc.).

In tali ultime ipotesi, oltre al danno biologico subito, assume un rilievo fondamentale la violazione di uno dei diritti inviolabili della persona, che trova precisi riferimenti negli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione.

Si tratta del consenso prestato dal paziente che, nella fattispecie, non può definirsi informato, perché solo la diagnosi accertante la presenza di una grave neoplasia induce il soggetto a sopportare un trattamento invasivo o un intervento chirurgico lesivo della sua integrità fisica, anche se per finalità salvifiche.

L’informazione medica carente e fuorviante, dunque, comporta la violazione di un diritto fondamentale tutelato a livello costituzionale.

 

L’errore diagnostico può dipendere da negligenza e imperizia del medico o della struttura sanitaria che, in questo caso, risponderanno del danno anche solo per colpa lieve.

Quando, invece, risulti particolarmente difficile l’accertamento differenziale tra la neoplasia maligna e una patologia benigna, i sanitari che hanno formulato la diagnosi risponderanno dei danni solo in caso di dolo o colpa grave (art. 2236 c.c.). La condotta del sanitario, ad esempio, potrà essere esente da responsabilità nel caso in cui sia stato richiesto un secondo parere o siano stati ripetuti gli esami, prima di comunicarne gli esiti al paziente.

 

Per quanto riguarda i profili risarcitori, infine, il danno morale sarà liquidato dal giudice in via equitativa, mentre quello biologico in base alle tabelle di valutazione e liquidazione in uso presso l’organo giudiziario adito.

 

14 ottobre 2022

 

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